Un autunno d’agosto by Agnese Pini

Un autunno d’agosto by Agnese Pini

autore:Agnese Pini [Pini, Agnese]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Chiarelettere
pubblicato: 2023-03-25T10:48:32+00:00


10

«Mario.»

Lui alzò la testa dal bancone di marmo, arricciando tutta l’ampia fronte e le sopracciglia, e vide la sagoma scura e sottile di sua moglie contro la luce che dal cortile si era fatta spazio nella stanza: lei aveva aperto la porta senza fare rumore, l’aria della sera era entrata dentro in un soffio, insieme alla luce della lanterna appesa all’ingresso.

«Hai saputo?»

«Sì…»

La donna prese ad agitare le mani, facendo strani cerchi nervosi nell’aria. «I Vangeli, la Stella, poverina, e Giuseppe…»

Mario Oligeri socchiuse le palpebre e si passò l’avambraccio destro sopra la testa, mentre la mano era occupata da uno straccio: sembrava esausto. Appoggiò lo straccio sul bancone e tornò a guardare fisso la moglie, sgranando gli occhi asciutti.

«Maria, la piccina… è qui da don Rabino, se l’è presa lui.»

«L’hanno trovata…»

«Nella pozza accanto alla casa, in fondo a quel ruscello che scende giù dalla casa.»

«È una bambina.»

«Ha l’età di Luigi.»

«Cosa le hanno fatto?»

«Non so bene, non lo so.»

«È ferita?»

«No, non so… non parla, praticamente non ha più detto una parola, nemmeno piange.»

«E Giuseppe…»

«Con Stella, li hanno trovati vicini, li hanno buttati nell’acqua… alla Stella, mi hanno detto, era andata via metà della faccia.»

Sua moglie aveva iniziato a piangere, le lacrime le fecero finire a fatica l’ultima frase, inghiottita da un singhiozzo. Mario Oligeri avrebbe voluto abbracciarla, ma era come se si sentisse schiacciato verso il pavimento da una forza che gli nasceva da dentro lo stomaco: i piedi erano diventati macigni, e come i piedi le ginocchia, le cosce, le anche. Sentiva l’inutilità di ogni gesto: quel peso che partiva dallo stomaco rendeva vana perfino la consolazione. Si passò le mani sulle tasche dei pantaloni, una volta, due volte, prima il dorso e poi i palmi, quindi appoggiò i gomiti sul bancone e infilò la testa tra le mani. Aveva bisogno di pensare, di fare ordine tra le parole di sua moglie e le immagini che quelle parole gli facevano esplodere nella testa. I corpi nel ruscello, la casa saccheggiata e incendiata, la stalla in cenere, la bambina dentro la pozza d’acqua.

La moglie lo guardava dalla soglia, il viso nella penombra della luce fioca che rischiarava il cortile interno, tutto di sasso spesso, grigio e fresco. Aveva la faccia piena di lacrime ma non faceva nulla per asciugarle, restava immobile coi lineamenti e le membra rigidi.

Sentirono l’eco di alcune voci dal fondo della strada, attutite e lontane. Italiane o tedesche? Si guardarono, era impossibile capirlo. Sospinta da una specie di istinto, Anna Oligeri allungò di un passo la gamba oltre la porta e se la chiuse alle spalle. La lampada sopra il bancone, troppo fioca per illuminare per intero il volto di suo marito, oscillò producendo ombre tremule sulle sue guance.

Per arrivare dagli Oligeri – l’emporio, l’alimentari, la macelleria, l’osteria – bisognava passare da un’ampia volta di sasso, affacciata sulla strada in lieve pendenza che portava alla chiesa di San Terenzo. In fondo a un corridoio coperto dalla volta, si apriva un cortile quadrato: all’interno, passando da una stretta scala di



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